SPETTACOLI

TRATTURO ZERO

Ambientato inizialmente in una piccola porzione di mondo che va da Roma al monte Subasio ai Monti Sibillini, è questo un viaggio cantato senza confini cercando di cogliere e narrare, con originalità, il senso sempre sociale della nostra storia. Incontreremo dunque il generale cartaginese Annibale Barca e l’imperatore romano Flavio Costantino cantando prima, in romanesco l’“Ariscritto”, tratto da un documento ritrovato a Spello sulla libertà di religione nel IV° secolo d.C. e poi “Surus”, ultimo dei 37 elefanti che accompagnò Annibale fino al lago Trasimeno per la grande battaglia del 217 a.C.
Via via poi, passando per l’“Altopiano Plestino”, incontreremo Pietro Bernardone, padre di San Francesco, confuso tra “Santità e Follia” del figlio e, a seguire, la “Storia del brigante Cinicchia” e quella della “Transumanza”, sia pastorale che temporale, per arrivare così a poeti come Pietro Fabbri da Nocera Umbra “Privilegio”, il “Sor Capanna” e Trilussa “Libbertà” e “Nummeri” da Trastevere in Roma.
Percorrendo così questo ideale tratturo “coast to coast” varcheremo dunque le frontiere per incontrare Woody Guthrie, Joe Hill e poi la Johannesburg di Nelson Mandela fino alla vecchia Londra cockney operaia e popolare di Joe Strummer, per abbracciare così canti lontani, ma vicini nello spirito al nostro inquieto sogno di libertà.
“… London calling to the faraway towns …” “… Gimme hope Jo’anna…” “ … Radio Londra chiama …” “Mentre le mamme nere di Soweto cor pianto sfamano li ragazzini …”

LA STORIA DELL’ASINO CHE NON C’È PIÙ

“I ricordi ci fanno persona, ci danno un’identità, e sono la presenza del nostro futuro” (museo nazionale Vigili del Fuoco di Mantova).
Un concerto per non dimenticare una pagina vera della nostra storia, quella dell’uomo e dell’asino, della loro solidarietà, della loro fatica e della loro saggia lentezza.
Incontreremo asini illustri come “Platero”, il romanzesco asinello andaluso narrato da Juàn Ramon Jmènez, “Eamonn”, il buon asino della mitologia fiabesca irlandese e il povero “Digiunè” compagno di viaggio di uno sfortunato stornellatore romano come il sor Capanna.
Un concerto da cantastorie, questo, in compagnia della mia asina Ginestra, dedicato a tutti i nonni che mi hanno regalato i loro ricordi, ai bambini che mi hanno ascoltato e accompagnato nei canti e a tutti quelli che si riconoscono in queste grandi storie minori che piano piano andiamo perdendo.
“… il vuoto insegue chi è troppo veloce, gli annega i sogni e gli strozza la voce…”  (da “Gritchenko” di Massimo Liberatori).

LE LAUDE ETERNE (canto rituale di questua)

Tra i canti rituali di questua, quelli della Passione, generalmente rinominati “Orologio della Passione”, sono certamente tra i più diffusi e suggestivi. In essi sono ripercorse le ultime ore della vita di Gesù, dal processo alla flagellazione, dalla crocifissione al martirio e infine l’evento gioioso della resurrezione. La versione di questa “lauda”, di eccezionale valore storico e contemporanea alle sacre rappresentazioni del XII secolo, trova numerose analogie nelle molteplici interpretazioni  ampiamente diffuse soprattutto nel centro/sud Italia sia nei testi, quanto nella musica che, a dispetto della drammaticità dell’evento, è sempre molto ritmata e gioviale in quanto nel messaggio è già implicito il presagio della resurrezione di Cristo. Per il tono devozionale della narrazione, le Passioni sono sicuramente opera della Chiesa o di qualcuno vicino all’ufficialità cattolica. Per quel fenomeno di sincretismo (in questo caso riuscito in modo perfetto), la Chiesa si è inserita nella tradizione, riuscendo a divulgare e rendere popolare il messaggio cristiano tra i riti pagani e pre-cristiani di fertilità già esistenti (anche se il cantore lo ritrasmette meccanicamente, senza rendersene conto). Infatti, l’animo popolare, anche in questo canto di mestizia, usa abbinare alla fine dei canti di questua il saltarello e/o gli stornelli popolari, in un’implosione quasi “pagana” e liberatoria di gioia e speranza.
La Passione viene eseguita regolarmente da un suonatore di organetto o fisarmonica e da due “cantori” che interpretano alternativamente una “stanza” accompagnandosi con il cembalo e con i timpani (triangolo). Gli “attori” possono variare a secondo del contesto geografico e degli strumenti della tradizione popolare; in alcuni casi si usa accompagnarsi anche con la chitarra o, come in alcune zone delle Marche (Fabriano), con i violini e il “violone” (basso a tre corde portato in spalla dal suonatore) e anche il numero dei “cantori” può essere sensibilmente più elevato.
Il canto viene portato casa per casa come augurio di salute, benessere ed abbondanza, in cambio di cibo e vino destinati al pranzo che conclude la festa. L’esecuzione di questo brano popolare segue un rituale immutato da secoli: deve essere eseguito nel corso della settimana precedente a quella di Pasqua (in controtendenza con l’usanza che impone un devoto “rigore” nel periodo quaresimale) e deve essere autorizzato dal capofamiglia a cui spetta anche l’onore di scegliersi il canto tra quelli proposti dal gruppo. Nelle case colpite da un lutto recente, ottenuto il consenso ad esibirsi, non si esegue il rituale saltarello o la “stornellata” finale che precede la richiesta dei doni.
I canti di questua si differenziano di regione in regione e coincidono, nella maggioranza dei casi, con alcune date ben precise del calendario agreste. Nel corso del solstizio d’inverno tra i più diffusi troviamo: LA PASQUELLA (eseguita nel periodo compreso tra il Capodanno e l’Epifania), IL SANT’ANTONIO (16 Gennaio) e LA PASSIONE DI SAN GIUSEPPE (18 Marzo). Nel periodo primaverile va citato LO SCACCIAMARZO (l’ultimo giorno di Marzo), LA PASSIONE DELLE ANIME SANTE DEL PURGATORIO e la PASSIONE DI CRISTO, eseguite rispettivamente nelle due settimane che precedono la Settimana Santa. Va inoltre citato, per completezza dell’informazione, il tradizionale CANTAMAGGIO (eseguito la notte tra il 30 Aprile e il 1 Maggio) che tutt’oggi rallegra alcune delle piazze dei piccoli borghi del centro Italia.
La profonda trasformazione in atto, dovuta parzialmente allo sviluppo tecnologico e al sopraggiungere di nuove etnie presso le nostre comunità, ha influito radicalmente anche sugli usi e costumi della nostra società e, le poche testimonianze, fatta eccezione per alcune realtà soprattutto in Valnerina e nell’entroterra marchigiano, ci vengono tramandate ormai solo oralmente da pochissimi anziani.

UN CANTO SPOLETINO (canti popolari)

 “Un Canto Spoletino” è uno spettacolo musicale realizzato interpretando le molteplici sfumature della tradizione popolare nella valle spoletana: Serenate, Canti della tradizione Agreste, le Canzoni dei Cantastorie, Ninne Nanne, Inni delle Società Artigiane e Saltarelli sono intervallati ad esilaranti momenti di comicità tipicamente Spoletina. Ad impreziosire la serata alcune recitazioni dei più celebri racconti di Alberto Talegalli e delle poesie di Fernando Leonardi. Un gradevole spettacolo … da non perdere!

Service audio

ESIBIZIONI

Massimo Liberatori & La Società dei Musici si esibiscono nei teatri, nelle chiese (canti di passione) e nelle piazze. La band necessita di microfoni e di un impianto audio di buona qualità che può essere fornito direttamente dal gruppo o, nel caso di concerti in location con spazi molto grandi, da un service professionale.

Nella scheda tecnica sotto elencata troverai il dettaglio dei materiali occorrenti per il concerto e la relativa disposizione sul palco.